Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

sabato 14 gennaio 2012

Neuromante (1984) by William Gibson



Neuromancer (1984)
di William Gibson
edizione Oscar Mondadori - pag. 278
7,80 euro


C'erano una volta gli anni '80 in cui Blade Runner e le megalopoli barocche abitate da un'umanità senza speranza erano la regola e non un'eccezione. E se il successo del film di Ridley Scott (rieditato in talmente tante versioni da dover ogni volta specificare quale sia la preferita) e dei romanzi del genio di Philip K. Dick fu meritato, l'industria hollywoodiana di serie A e B iniziò a propinarci bizarri cloni da Detective Stone ai filmacci action dell'hawaiano Albert Pyun distruggendo completamente la carriera dalle grandi potenzialità dell'eterno replicante Rutger Hauer.

Gli exploit sul grande schermo favorirono anche le produzioni letterarie dando respiro al filone cyberpunk. Neuromante di William Gibson fu un esempio eclatante di successo editoriale forse oggi irripetibile. Le 280 pagine di cui è composto sono un compendio dell'estetica cyber che oggi risulta invecchiato male e di difficile lettura. Il mondo di corporazioni, droghe sintetiche, fibre ottiche, scanner spaziali e sottoboschi sociali brulicanti dove la pirateria è di casa è figlio di un'immaginario collettivo tipico di quegli anni '80 che cercavano di guardare al nuovo millennio con curiosità su ciò che sarebbe accaduto. La sensazione è quella strana di trovarsi davanti a una tecnologia un tempo avveniristica ma oggigiorno obsoleta. E le avventure cyberspaziali dell'hacker Case e della ex prostituta Molly suonano vecchie come le trame della moltitudine di film che uscirono dopo Blade Runner.

Peraltro fa impressione come lo scrittore non si preoccupi minimamente di aiutare il lettore a comprendere il mondo in cui viene catapultato. Oggi nessun editore permetterebbe a un esordiente (quale era Gibson al momento, tralasciando racconti come Johnny Mnemonic da cui fu tratto un deludente film con Keanu Reeves e Takeshi Kitano) di usare termini così tecnici per raccontare scene difficili da decifrare: molte di esse (come ad esempio quelle ambientate nella Istanbul futuristica) scivolano via inghiottite da veri e propri buchi narrativi.

Eppure il mondo che Gibson descrive, sebbene più povero di quelli raccontati dal genio di Dick o di William Burroughs, rimane impresso come non mai e si stampa nelle viscere del lettore come un virus potentissimo. "Il cielo sopra il porto era del colore di uno schermo televisivo sintonizzato su un canale morto": mai l'incipit di un racconto o un romanzo di fantascienza apocalittica ha presentato così bene lo scenario che voleva raccontarci.

Neuromante è il romanzo di fantascienza che più di tutti interroga sul rapporto subordinato tra scrittore e lettore e che rappresenta per un autore emergente proprio ciò che un manoscritto non dovrebbe mai essere al giorno d'oggi per avere la speranza di comparire un giorno sullo scaffale di quell'Olimpo di ambizioni e speranze che è la libreria.

Forse non riuscirete a terminarlo, ma a suo modo è unico.


VP